La Central School of Art and Design si trova a Southampton Row, al centro di Londra. Nell’ottobre del 1971, Joe – che, non dimentichiamolo, si fa chiamare Woody – entra nella scuola e da subito catalizza l’attenzione dei suoi colleghi e dei docenti, mostrandosi pieno di energia e disposto al confronto, confermando soprattutto la sua inclinazione verso l’arte figurativa. In questo periodo è una specie di post-fricchettone, si veste con pantaloni dall’orlo alto e cappottoni ingombranti, una via di mezzo tra un artista metropolitano e un personaggio della strada ritratto nei diari di Jack London. I suoi compagni lo ricordano per l’abitudine di fumare marijuana sul tetto della scuola e per il suo invito a “correre” per strada, perché “se ci limitiamo a camminare è la fine”.
Nella sua camera di studente ha appeso due ritratti di Jimi Hendrix, uno dei quali porta la data della morte: 18 settembre 1970. Woody/Joe ha assistito all’ultimo grande concerto di Hendrix, la storica esibizione all’Isola di Wight del 30 agosto 1970, ne va molto fiero, sente di aver partecipato ad un evento della storia del rock e non manca di raccontarlo appena ne ha la possibilità.
Il preside della scuola si chiama Derel Boshier, è un artista pop con simpatie socialiste e prende in simpatia l’estro dell’allievo Mellor, col quale occasionalmente discute anche di politica. La relazione tra scuole d’arte e nascita del punk è molto importante. Secondo la vulgata circolata soprattutto dagli anni Ottanta, c’è differenza tra l’”art-punk”, volto alla sperimentazione e alla provocazione artistica, ma in fondo d’estrazione borghese, e la retorica stradaiola e proletaria del “real-punk” e dell’Oi. La verità è che questa distinzione è molto parziale e cancella la complessità dei riferimenti del punk-rock. Soprattutto, ignora la composizione sociale e di classe del proletariato inglese, il fatto che – negli anni della disoccupazione e dei primi governi conservatori che avrebbero condotto all’apice della contro-rivoluzione thatcheriana- intascare il sussidio di disoccupazione e parcheggiarsi in una scuola d’arte era un modo per sviluppare forme di creatività autonome.
Sarà così, ad esempio, per Paul Simonon, futuro bassista dei Clash, che a differenza di Joe Strummer proviene da una famiglia proletaria e che, forse anche più di Joe, ha coltivato la passione della pittura e ha frequentato le scuole d’arte. Sarà lui, quando si tratterà di costruire l’immagine dei Clash, a sperimentare le famose “macchie alla Pollock” sulle divise della band – incrociando la pop-art alle mode di strada – o a dipingere i fondali dai quali il gruppo salterà fuori, come un commando in prima linea, per lanciare lo scontro al cuore della musica pop. [continua qui]
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